
Intervista a una Mis …
MissEvaBraun, sadica Mistress italiana, ci racconta come si è avvicinata al BDSM e riflette sull’evoluzione della comunità BDSM dopo l’avvento di internet.
Gli inizi
Sono MissEvaBraun, Mistress italiana, e voglio raccontarvi come mi sono avvicinata al mondo del BDSM: era il 2005 quando, dopo aver girato in lungo e in largo gran parte dell’Europa, arrivai in Germania. Ero ospite di un amico ed è qua che ho cominciato a fare capolino nel mondo del sadomaso e del fetish.
Questo amico era un trav e nel fine settimana si esibiva come Drag Queen: era così bello poter assistere alla sua trasformazione, che provocava in me delle sensazioni nuove e inaspettate. Il suo modo di fare, così teatrale, lo portava spesso nei salotti del BDSM: era molto richiesto, non per la sua bellezza, ma per la sua forte personalità dominante e melodrammatica. Cominciai spesso ad accompagnarlo. Osservavo e studiavo, cercavo di carpire più nozioni possibili. Ero decisamente convinta di voler fare parte di questo mondo, non da spettatrice e neanche da gregaria, ma come parte dominante: volevo diventare la protagonista. Non che io nella vita di tutti i giorni sia una persona dominante, ma sono una perfezionista e una maniaca del controllo: niente per me deve essere lasciato all’improvvisazione e l’ordine e la disciplina sono delle costanti della mia vita. Questo mi ha sicuramente aiutata nel mondo BDSM.
La formazione in Germania
Ho vissuto a Berlino per un periodo ed è qui che mi sono veramente appassionata al sadomaso. Qualcosa dentro di me mi diceva che quella sarebbe stata la mia strada. Guardavo, partecipavo e apprendevo dalle sessioni tipicamente germaniche, dove l’estremo la fa da padrone: pratiche insolite e insolenti, proprio come sono io, proprio come la mia personalità! E pian piano ho cominciato ad aiutare il mio amico durante le sessioni e ho acquisito sempre maggiore sicurezza in me stessa, continuando però a mantenere l’empatia verso le persone e quell’umiltà essenziale per la mia crescita professionale.
Con la consapevolezza acquisita durante gli anni trascorsi in Germania, l’attitudine, l’apertura mentale e la mia caparbietà, ho cominciato il mio percorso personale in solitaria, avventurandomi in questo mondo. Ho potuto, con questo lavoro, togliermi molti sfizi. Ho cominciato a lavorare per alcuni mesi l’anno, per poi girare il mondo nei periodi rimanenti. Mi sono fatta le mie esperienze, godendo appieno di quello che la vita mi stava offrendo, ma senza mai strafare, cercando sempre di stare coi piedi per terra.
Il ritorno in Italia
Poi, con il lockdown, mi sono trovata costretta a tornare in Italia. A questo punto, ho voluto allestire un dungeon nella mia Toscana. Ed è qua, quando sono nel mio covo, quando entro nel mio regno, che abbandono la quotidianità e le regole e mi immergo nel gioco a me più caro, quello della dominazione, della sottomissione e dell’eccesso, fatto di giochi estremi ma sempre consenzienti, dove mi piace sperimentare e dove mi trasformo, per dare inizio allo spettacolo!
Mi piace indossare i panni della padrona e mettermi continuamente in discussione, avverto sempre la necessità di comprendere, senza mai giudicare, le pulsioni e le fantasie più recondite delle persone. E una volta fatto, cerco di renderle reali, entrando nella mente dello slave. Sì, perché la mistress deve essere una sorta di psicologa dell’inconfessabile: non basta mantenere un atteggiamento austero e algido per professarsi Mistress, non è così. La vera mistress va ben oltre questi stereotipi da neofiti.
Le differenze tra il mondo BDSM tedesco e quello italiano
Purtroppo, però, quello che ho trovato in Italia non ricorda affatto il fendom a cui ero abituata io, quello con il quale sono cresciuta e maturata. Qualche anno fa, prima dell’avvento massiccio di internet, questo era un mondo nascosto, rivolto a poche persone, ma adesso è tutto diverso. Accessi agili a centinaia di siti hanno fatto sì che ci fosse un boom e che di conseguenza sempre più donne intraprendessero la strada della mistress e che sempre più persone potessero conoscere tutto questo. Affascina molto i giovani, che annoiati dal troppo avere e incapaci di tollerare la noia, cercano cose sempre più estreme.
Questo mi spaventa: se prima c’era una consapevolezza acquisita dietro a queste pratiche da parte di chi le subiva, adesso questi giovani sono mine impazzite, completamente allo sbaraglio. Sono giovani che, confusi dal “troppo” che li circonda, hanno enormi difficoltà a comprendere la propria sessualità, che viene continuamente messa in discussione e alla prova.
Venendo appunto da un mondo BDSM più di nicchia, quando ho deciso, volente o nolente, di tornare in Italia ho dovuto imparare a districarmi tra una serie di persone confuse e insolenti: i nuovi slaves, ragazzi e giovani uomini che, martellati da internet, hanno richieste e pretese incomprensibili, fuori luogo e a volte totalmente folli. Come ad esempio quando mi chiedono pratiche irreversibili, come l’amputazione di un dito o la castrazione definitiva, oppure semplicemente un rapporto più intimo. Molti ancora non hanno compreso che in questo gioco il sesso è sublimato, qui l’erotismo cammina su un altro binario.
Lo slave ideale
È importante capire che tra la fantasia e la realtà può esserci un abisso e che è necessario e fondamentale che ci siano dei limiti invalicabili. L’insolenza di alcuni slaves è terrificante e rispecchia a pieno lo squallore della società odierna. Mi trovo spesso a interagire con i moderni slaves, che di slave hanno veramente niente: persone presuntuose, volgari, maleducate e che ignorano quale sia il loro ruolo. Il mio schiavo per eccellenza deve essere educato, riservato, rispettoso, umile, generoso, disponibile e affidabile. È terribilmente triste constatare che questi requisiti siano praticamente nulli nella stragrande maggioranza delle persone, ma fortunatamente qualche diamante grezzo ancora lo si può trovare.
Le differenze che riscontro negli slave sono abissali: le nuove generazioni sono talmente impoverite dentro che arrivano a pavoneggiarsi per quel che non sono e per quel che vorrebbero avere. È chiaro che non amo fare sessioni con questi individui, perché nelle mie sessioni deve esserci innanzitutto la consapevolezza. I diamanti grezzi, invece, sono coloro con i quali posso sbizzarrirmi, quelli consapevoli di quali siano i ruoli che si addicono a uno schiavo e consapevoli del fatto che sia tutto un gioco.
La figura della Mistress
Nonostante il mio ruolo e l’arroganza di alcuni, io rimango sempre molto rispettosa del prossimo, mantenendo l’umiltà necessaria a stabilire una connessione con lo slave. Non mi piace la volgarità, non amo l’umiliazione verbale, non mi piacciono quelle pratiche soft che in teoria potrebbero essere richieste a una escort, come ad esempio il facesitting, il foot e l’handjob, il rimming, etc. Non mi piace essere toccata, pretendo rispetto ed educazione dai miei schiavi, che dovranno rivolgersi a me chiamandomi padrona. Amo ridere di loro e vederli soffrire: mi fa divertire!
Prediligo tutte quelle pratiche definite più strong, come l’uso di flagello, frusta, elettro e idro-tortura, il picchiare a mani nude, il controllo del respiro, la mummificazione, l’alimentazione forzata, il fisting, il pissing e le costrizioni: come potete capire, la tortura in generale. D’altra parte, adoro anche il dog-training e i giochi di ruolo, dove la parte divertente ed eccitante sta nella preparazione: vestirsi, truccarsi e così via. Mi piace la spettacolarizzazione della sessione, come se il mio dungeon fosse un circo o un teatro.
La passione per la provocazione
Sono sempre stata una provocatrice, già il mio nome la dice lunga. Non ho mai voluto omologarmi alla massa e non amo collaborare con nessuno: sono assolutamente una solitaria convinta e nella vita privata sono una persona molto riservata e decisamente poco socievole e poco social. Non voglio integrarmi al resto del mondo e, sia nella vita privata che in quella lavorativa, voglio continuare a essere me stessa, nonostante a qualcuno possa non piacere. Sinceramente, dei giudizi delle persone me ne sono sempre fregata e continuerò a farlo.
È anche per questo che non ho mai tenuto nascosto il mio lavoro alle persone a me più care e non me ne vergogno affatto, anzi ne vado fiera: nel mio piccolo contribuisco alla realizzazione dei sogni altrui e, anziché una bacchetta magica, uso la frusta. E poi adoro la spensieratezza di quelle persone che entrano lasciando i problemi lontani, con la sola voglia di evadere, di essere loro stessi, lontani da occhi indiscreti e da coloro che troppo spesso giudicano senza sapere e senza voler comprendere. È triste doversi nascondere per paura dei giudizi e pregiudizi, ma qui, nel mio dungeon, i sogni e i desideri prendono forma senza alcun timore.
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